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Famiglia affidataria? Curiosità e riflessioni per essere una famiglia accogliente.
Ci è capitato di sentir parlare di affido familiare o conosciamo qualcuno che lo sta sperimentando… Ci siamo incuriositi e vi raccontiamo qualcosa. Da qualche anno il tema dell’affido familiare ricorre nella mia vita e ho conosciuto famiglie che stanno sperimentando questa modalità di accoglienza verso bambini e adolescenti che, nella loro di origine, vivono delle difficoltà.
Ho un ricordo ancora vivido di un periodo lontano, quando i miei genitori decisero di aiutare una famiglia di amici, accogliendo a casa nostra il figlio della mia stessa età. La mamma aveva subito un grave incidente stradale e il padre, lavorando per tutti e tre, non poteva badare a lui costantemente. Così pensarono, credo, che dove si fosse mangiato in cinque si sarebbe potuto mangiare anche in sei. Quell’esperienza è indelebile tra i miei ricordi di infanzia, anche se ora non saprei dire quanto tempo sia durata esattamente: è forte, però, l’attrattiva a fare lo stesso ora che sono adulta. Quell’occasione non prevedeva di affidarsi all’assistenza sociale: abbiamo confidato nel buon senso e nei valori dell’accoglienza e della solidarietà che ci guidano da sempre. Negli ultimi giorni, invece, sono andata alla ricerca di qualche informazione in più sul tema specifico dell’affido familiare, incontrando un assistente sociale del Servizio Affidi Area Nord. Ho scoperto che l’affido familiare rappresenta molto più di quello che pensassi: è la possibilità, per un minore, di allargare la propria rete di relazioni tendendo la mano da una parte alla famiglia d’origine e dall’altra ai genitori affidatari. Attraverso due modalità che vengono definite part-time e residenziale, alcuni bambini con situazioni difficili tra i propri genitori naturali, possono trascorrere qualche momento della settimana all’interno di un altro nucleo, oppure abitarci stabilmente. Il genitore affidatario – che a differenza dell’adozione può essere single – crea e ricerca situazioni di sport, svago e cultura, che al bambino possono venire meno. Vive con lui esperienze quotidiane proprio come farebbe con un figlio suo, ma non prende mai il posto dei suoi genitori. Si mantengono relazioni più o meno continuative a seconda della gravità dello stato della famiglia naturale e si cerca di costruire con loro una relazione che poi possa essere di esempio e supporto al momento del rientro in famiglia. I genitori affidatari, dopo aver incontrato l’assistente sociale per conoscenza reciproca, iniziano un percorso in cui sono seguiti da alcuni psicologi affinchè siano messe in luce le motivazioni che li spingono ad aprire la propria casa e si crei quella connessione ideale tra caratteristiche del bambino e della coppia. Credo che i rapporti e le relazioni sane siano un bagaglio incredibile grazie al quale potersi costruire un futuro migliore: qualunque sia il motivo per cui una donna e un uomo decidono di chiedere che un bambino entri a far parte della propria vita penso abbia a che fare con l’amore… che hai voglia di donare e che alla fine ricevi.