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La sindrome della capanna
Avete presente quando da piccoli ci costruivamo la casa con i cuscini, sul divano, o con gli ombrellini sul balcone, o sgattaiolavamo sotto le lenzuola nella nostra “caverna”? Sì, così, un po’ capanna e un po’ caverna, purtroppo quello che è accaduto con il lockdown ha poco a che fare con il gioco e il divertimento.
L’isolamento in casa ha portato con sé strascichi emotivi, che per molti sono stati inizialmente difficoltosi da superare. Parliamo della sindrome della capanna, non un vero e proprio disturbo psicologico, ma una reazione emotiva naturale. La paura, l’ansia, la frustrazione, il malessere fisico e l’insicurezza sono alla base di questa reazione che spinge una persona a rimanere in casa e vedere questa come un rifugio sicuro in cui abbandonarsi. Il cervello è stato messo a dura prova, e si è abituato al senso di protezione delle mura domestiche, complice anche la paura del contagio e dell’incontro con l’altro. Si perde la fiducia nelle relazioni sociali e lo stress conseguente, induce il soggetto ad isolarsi e ad avere paura di ricominciare. Questa condizione, può, però essere arginata con alcuni semplici accorgimenti. Il primo passo per ristabilizzarsi è accettare e accogliere le emozioni evitando di fingere che non esistano. Riprendere in mano le proprie abitudini, in modo ordinato e concentrarsi su piccoli obiettivi quotidiani.
L’esperienza dell’isolamento in casa ha coinvolto tutti ed è servita a molti per comprendere cosa sia davvero importante e quale sia il valore reale delle cose. Abbiamo anche rinunciato al superfluo. Darsi del tempo o rileggerlo oggi alla luce di ciò che è successo e di ciò che ciascuno ha vissuto, rimane un bagaglio fondamentale per la crescita.