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L'integrazione dei bambini stranieri nelle scuole del nostro territorio.
Tutte le mattine, quando accompagniamo i nostri figli a scuola, ci accorgiamo di quanto siano eterogenee le classi in cui loro trascorrono la maggior parte della giornata. Sono molti i figli delle famiglie migranti nel nostro Paese e ci si interroga, soprattutto a livello scolastico, sulle opportunità di crescita e apprendimento all’interno del nucleo classe. La convivenza tra persone di diverse etnie non è mai stata semplice: l’accettazione di chi è apparentemente diverso da noi ci mette alla prova, ci chiede di andare oltre i nostri limiti, di mettere da parte un po’ di noi stessi per lasciare che l’altro si faccia conoscere e arricchisca il nostro bagaglio culturale.
Sono soprattutto i nostri figli a vivere ogni giorno a contatto con altri bambini stranieri, a condividere il banco di scuola con chi parla una lingua differente dalla nostra, che ha altri usi e costumi, ma che, quando è il momento di studiare, lo fa e anche seriamente. Abbiamo incontrato Ornella Serramondi, professoressa presso una scuola secondaria di primo grado del nostro territorio che da qualche anno si spende per alcuni progetti scolastici mirati all’inserimento degli studenti stranieri e anche delle loro famiglie. Ornella si è avvicinata da ragazza al mondo dell’emigrazione grazie ai Missionari Comboniani di Gozzano: da loro ha preso coscienza che l’emigrazione è un fatto che ha interessato l’uomo nelle varie epoche storiche e che la via dell’esclusione, del pregiudizio e della paura non ha senso di esistere. Forte del carisma comboniano, lo ha infuso nell’insegnamento, occupandosi di intercultura e articolando progetti di Istituto articolati su tre azioni: laboratori linguistici di italiano lingua 2, in cui dieci insegnanti sono a disposizione per il potenziamento della lingua; uso dei mediatori culturali e corso di lingua e cultura italiana per adulti stranieri residenti sul territorio. Quest’anno il progetto si intitola Nel mare delle parole, titolo evocativo che rimanda alla mente non solo le immagini terribili di chi scappa dal proprio Paese attraverso il mare, ma anche le parole gridate al vento di chi crede che la supremazia di una razza su un’altra sia ancora un tema di cui andare fieri. Chiacchierando con la professoressa Serramondi e la collega Simona Curioni, scopriamo che l’opportunità in mano agli studenti stranieri di studiare nelle nostre scuole permette loro di inserirsi nel contesto sociale con competenze che potranno sfruttare come mediatori culturali per i loro stessi connazionali. L’arrivo di un nuovo bambino straniero, ci spiegano, è accolto quasi sempre favorevolmente dalla totalità della classe: diverse, invece, sono le reazioni tra stessi stranieri: è ancora viva tra loro la differenza tra classi sociali e tra uomo e donna. Diventa allora tangibile che tra maschi e femmine si sia poco solidali, così come tra ricchi e poveri. Abbattuta la barriera linguistica, non si registrano grosse difficoltà di inserimento scolastico: le famiglie, soprattutto marocchine, amano che i loro figli abbiano una buona scolarizzazione, si interessano al rendimento dei propri figli e molti di loro spiccano per impegno e risultati. Il racconto vivo e partecipato delle nostre interlocutrici ci fa sperare in un piccolo seme che porterà buoni frutti: nonostante la quotidianità ci scoraggi nel credere a un futuro di convivenza tra popoli diversi almeno nel nostro Paese, questi sono esempi in cui si guarda in faccia alla realtà e con consapevolezza si prova a dare una risposta a livello locale.